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Il giardino dei Finzi Contini: un abbraccio di crescita

by Benedetta Gambale

Una delle scene particolarmente significative de Il Giardino dei Finzi Contini di Bassani è quella del dialogo finale tra l’io narrante ed il padre. Essa rappresenta non solo una rappacificazione con la figura genitoriale, ma la maturazione completa del giovane che entra nel mondo adulto. Prima di tutto, c’è una collocazione differente di questa scena tra il romanzo e la sceneggiatura di Pirro ed il film con la regia di De Sica. Mentre nel romanzo il dialogo con il padre avviene prima che l’io narrante scavalchi il muro della Magna Domus della famiglia dei Finzi Contini ed ipotizzi il rapporto segreto tra la giovane Micòl Finzi Contini e l’amico Malnate; sia nella sceneggiatura di Pirro che nel film, l’incontro si ha dopo che Giorgio ha scoperto la relazione segreta tra l’amata e l’amico.

Un dialogo di iniziazione

Nel romanzo, se all’inizio del racconto, il protagonista ha il desiderio di fuggire dal proprio piccolo mondo, perfettamente incarnato dalla figura di suo padre, trovando una via di fuga in Micòl Finzi Contini. Nel finale, la conversazione tra il giovane e suo padre, speculare e inversa rispetto a quella che i due ebbero all’inizio, segna una nuova fase, più consapevole e matura. L’abbraccio con il genitore non è niente altro che la sua maturazione in uomo. Ciò gli permette di lasciarsi alle spalle il passato rappresentato da Micòl. L’io narrante, a questo punto, ha la forza di recarsi alle mura della Magna Domus per volgere un ultimo sguardo alla sua adolescenza. Quel muro di cinta, che tanti anni prima gli appariva così impervio, ora non gli fa più paura.

L’io narrante ascolta con serenità le parole paterne sull’amore per Micòl, sulla sua sensibilità o sul futuro incerto che li attende, capendo – per la prima volta- che il padre può leggergli dentro. Inoltre nelle sue parole si ritrova la filosofia di Bassani. “[..] Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare“.

I giochi di luce

Importante è notare i giochi di luce differenti tra il romanzo da un lato e la sceneggiatura di Pirro e il film dall’ altro. Nel romanzo di Bassani si legge: “Benchè fosse così tardi, mio padre non aveva ancora spento la luce. […] <<Cosa stai a fare, lì?>>, disse subito mio padre dal letto. Sbirciandomi di sopra agli occhiali. <<Entra, entra un momento>>. Piuttosto che sdraiato, stava seduto in camicia da notte, appoggiandosi col dorso e con la nuca alla testiera di biondo legno scolpito, e coperto non più che fino alla base dello stomaco dal solo lenzuolo. Mi colpì come tutto, di lui e attorno a lui, fosse bianco […]”.

L’ambientazione, dunque, è nella camera da letto, simbolo di maggiore intimità. I due non solo parlano della guerra e del rapporto tra l’io narrante e Micòl, ma anche della frequentazione del postribolo, delle precauzioni intime durante i rapporti sessuali, dell’incerto futuro lavorativo del giovane. Inoltre, la stanza è illuminata. Tutto intorno è bianco. I capelli del padre, il viso, la camicia da notte, il guanciale, il lenzuolo, il libro. C’è un clima di serenità che preannuncia la rappacificazione.

Nella sceneggiatura di Pirro e nel film, la scena si svolge nella sala da pranzo, la stessa stanza in cui, all’inizio, era avvenuto il litigio di rottura tra Giorgio ed il padre. L’ambientazione vuole, così, chiudere un cerchio ed anticipare la risoluzione del rapporto conflittuale tra i due. La sala da pranzo è simbolo di minore intimità ma è, da sempre, simbolo della famiglia. E’ qui che, intorno al tavolo, essa si riunisce. Dunque sono elementi significativi per riottenere quell’equilibrio precedentemente distrutto. Per quanto riguarda l’illuminazione, la stanza è buia, la luce viene accesa nel momento in cui rientra Giorgio. In questo caso, il buio acuisce ancora di più quel clima di preoccupazione e morte sottolineato dalla voce di uno speaker di radio Londra che parla della guerra

Nel lungo abbraccio col genitore è come se il protagonista compisse un ultimo passo verso la propria formazione di uomo. In questo contesto si inserisce l’aspetto che più profondamente ferisce l’autore in merito alla sceneggiatura di Pirro per il film. Bassani non può accettare che per ragioni filmiche suo padre finisca destinato ai campi di sterminio. Lo scrittore si sente offeso per le modifiche ai suoi personaggi. Particolarmente in Giorgio, che ai suoi occhi farebbe una figura ignobile abbandonando l’amato padre (e perfino Micòl) – sulla via del lager – per salvare se stesso.