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Il divismo al femminile del primo cinema italiano

by Benedetta Gambale

Come scrive Gian Piero Brunetta: “Il divo italiano non abita spazi olimpici, è sempre più concepito come amico, un vicino di casa, un parente, un ospite nel quale ci si riconosce, nel bene e nel male”.

Come nasce il divismo?

Il divismo nasce nel momento in cui il pubblico chiede di conoscere qualcosa in più sugli attori che fino a quel momento erano rimasti completamente nell’ anonimato. La vita dei divi entra a contatto con la vita degli spettatori, iniziano ad esserci ammirazione/imitazione per la costruzione della propria identità. Ed uno dei connubi principali è quello tra il sistema divistico e il mondo della stampa. Le pubblicazioni che si rivolgono ai fan sono fondamentali per alimentare questo fenomeno. Stampa, radio e televisione lanciano notizie che confermano ancora di più la presenza simbolica del divo. Questi diventa una sorta di oggetto di consumo, messo sul mercato, che deve attirare attenzione anche attraverso la sua vita privata esemplare, i suoi comportamenti: non deve tradire l’immaginario del pubblico.

Ideali inimitabili e al tempo stesso modelli imitabili. La loro duplice natura è analoga alla duplice natura teologica dell’eroe-dio della religione cristiana. Divi e dive sono superumani nel ruolo che impersonano, umani nell’esistenza privata che vivono.

Un divismo al femminile

Il divismo italiano nacque negli anni dieci del ‘900 con la predominanza di figure femminili. Era un divismo popolato da donne fatali che cercavano un superamento dei ruoli tradizionali. Queste erano lontane dallo stato di subordinazione in cui le donne vivevano da tempo. È un divismo che si sviluppa per colmare la mancata reale emancipazione femminile. La Femme fatale, derivata dalla letteratura e dal teatro, rapì l’immaginario degli spettatori: una donna esplosiva, passionale, pericolosa per l’uomo che rischia di cadere negli abissi del peccato. Eppure, sullo schermo, si librano le più varie figure femminili: la donna angelo, la madre di famiglia, la donna sconosciuta, l’amante, l’indifesa. Nel 1920, Allacci scrisse il primo libro sul divismo italiano attribuendo a Lyda Borelli il ruolo di fondatrice del divismo. “Tutte la scimmiottano, fin nei minimi particolari, tant’è vero che si dice che la cinematografia italiana è malata di borellismo”. La grande gestualità della Borelli e la recitazione più introversa e microespressiva della Bertini alimenteranno il fenomeno divistico di questi anni.

L’emancipazione della donna

Sophia Loren: la regina del cinema italiano

Il divismo segue il passo del tempo, cambia in base alle trasformazioni sociali in atto. È con la Grande Guerra che il ruolo della donna si intensifica sempre di più. Da sola, in assenza degli uomini, cresce i figli, si occupa dell’economia domestica e della vita pubblica della propria città.

Nel dopoguerra il fenomeno divistico assume connotazioni diverse. La bellezza dei corpi femminili, l’eccesso dei doni di natura, la prosperità del seno e dei fianchi. Sono questi i nuovi elementi che si presentano agli occhi degli spettatori. Tra tutte, Gina Lollobrigida e Sophia Loren fecero breccia nei cuori del pubblico nazionale e internazionale. Quando Sophia Loren sbarcò sullo schermo, i registi di Hollywood rimasero stupiti dal fatto che fosse molto alta. Ancora oggi, nonostante siano passati più di sessanta anni, è la diva simbolo della bellezza classica, della professionalità e serietà: la regina del cinema italiano.